Conversazione 08/02/2014
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8 febbraio 2014
LA CHIESA - CASA NOSTRA “LUMEN GENTIUM” COME TESTO POLITICO?
Il “glorioso peso” della laicità: abitare le civiltà da immersi in Gesù risorto
(LG 4)
Introduzione
Il racconto conciliare dei protagonisti del progetto trinitario di immersione graduale di tutti popoli e tutte le persone nella loro vita, fino a qui si è occupato delle stesse persone trinitarie, del Padre immenso, del Figlio dolce, potente e audace e dello Spirito Santo, (LG c. I) della stessa chiesa come soggetto comunitario e storico (LG cap. II), in essa della gerarchia del "santo principio" formato da Pietro, dal collegio apostolico e dai loro successori (LG cap. III) e ora ci parla della dignità e del ruolo dei laici all’interno della Chiesa e del mondo.
Se nei primi tre secoli della Chiesa i grandi santi e martiri erano quasi tutti laici, bambini, sposi, genitori non si poteva dire altrettanto nel secondo millennio cristiano. Fino agli inizi del novecento e oltre la vera vita cristiana sembrava condurre il sacerdote e il consacrato, tanto che la gerarchia diventa sinonimo per "Chiesa". Il laico era definito come il non chierico.
Non sembrava avere caratteristiche proprie.
I primi due capitoli del documento Lumen Gentium chiariscono la vera natura della Chiesa come comunione di coloro che sono immersi nella vita del Risorto grazie ai sacramenti e alla Parola. E’ il battesimo che costituisce la Chiesa non il sacramento dell’Ordine. Il sacramento dell’Ordine è al servizio del battesimo e solo i battezzati possono ricevere il sacramento dell’Ordine. Il grande e mirabile sacramento del battesimo ha il potere straordinario di rendere qualsiasi persona umana partecipe della vita del Padre infinito, del Figlio onnipresente e dello Spirito Santo tutto continente. La Chiesa è perciò la comunità degli immersi nella Trinità.
Perciò il Concilio insiste:
La dignità battesimale dei laici
"Dignità dei laici nel popolo di Dio
32. La santa Chiesa è, per divina istituzione, organizzata e diretta con mirabile varietà. «A quel modo, infatti, che in uno stesso corpo abbiamo molte membra, e le membra non hanno tutte le stessa funzione, così tutti insieme formiamo un solo corpo in Cristo, e individualmente siano membri gli uni degli altri » (Rm 12,4-5).
Non c’è quindi che un popolo di Dio scelto da lui: « un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo» (Ef 4,5); comune è la dignità dei membri per la loro rigenerazione in Cristo, comune la grazia di adozione filiale, comune la vocazione alla perfezione; non c’è che una sola salvezza, una sola speranza e una carità senza divisioni. Nessuna ineguaglianza quindi in Cristo e nella Chiesa per riguardo alla stirpe o nazione, alla condizione sociale o al sesso, poiché « non c’è né Giudeo né Gentile, non c’è né schiavo né libero, non c’è né uomo né donna: tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28 gr.; cfr. Col 3,11).
Se quindi nella Chiesa non tutti camminano per la stessa via, tutti però sono chiamati alla santità e hanno ricevuto a titolo uguale la fede che introduce nella giustizia di Dio (cfr. 2 Pt 1,1). Quantunque alcuni per volontà di Cristo siano costituiti dottori, dispensatori dei misteri e pastori per gli altri, tuttavia vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all’azione comune a tutti i fedeli nell’edificare il corpo di Cristo.
La distinzione infatti posta dal Signore tra i sacri ministri e il resto del popolo di Dio comporta in sé unione, essendo i pastori e gli altri fedeli legati tra di loro da una comunità di rapporto: che i pastori della Chiesa sull’esempio di Cristo sono a servizio gli uni degli altri e a servizio degli altri fedeli, e questi a loro volta prestano volenterosi la loro collaborazione ai pastori e ai maestri.
Così, nella diversità stessa, tutti danno testimonianza della mirabile unità nel corpo di Cristo: poiché la stessa diversità di grazie, di ministeri e di operazioni raccoglie in un tutto i figli di Dio, dato che « tutte queste cose opera... un unico e medesimo Spirito» (1 Cor 12,11).
I laici quindi, come per benevolenza divina hanno per fratello Cristo, il quale, pur essendo Signore di tutte le cose, non è venuto per essere servito, ma per servire (cfr. Mt 20,28), così anche hanno per fratelli coloro che, posti nel sacro ministero, insegnando e santificando e reggendo per autorità di Cristo, svolgono presso la famiglia di Dio l’ufficio di pastori, in modo che sia da tutti adempito il nuovo precetto della carità."
È infinitamente più grande quanto i laici unisce alla gerarchia e quanto la gerarchia unisce ai laici. Il clericalismo nella Chiesa è frutto di una totale sottovalutazione del mistero del battesimo. Essere partecipe della stessa vita del Risorto, della sua vita umana gloriosa e della sua vita trinitaria dovrebbe talmente riempire la memoria, l’immaginazione, il mondo emotivo, cioè la percezione spontanea di se stessi e il desiderio di come rendere sempre più persone partecipi della vita divina che le differenze tra gerarchie e laici diventino arrich9menti desiderati ma completamente secondari di fronte alla stessa sorte di partecipare alla vita trinitaria e davanti alla stessa missione di rendere le perone partecipi di questa di vita di infinita qualità, attualità, bellezza e grandezza.
Lo specifico ruolo del laico nella Chiesa
"Natura e missione dei laici
31. Col nome di laici si intende qui l’insieme dei cristiani ad esclusione dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso sancito nella Chiesa, i fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano. Il carattere secolare è proprio e peculiare dei laici.
"Grava quindi su tutti i laici il glorioso peso di lavorare, perché il disegno divino di salvezza raggiunga ogni giorno più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra. Sia perciò loro aperta qualunque via affinché, secondo le loro forze e le necessità dei tempi, anch’essi attivamente partecipino all’opera salvifica della Chiesa." (LG 33)
E’ di massima importanza in che modo è proprio del laico il suo carattere secolare, vale a dire la sua azione nella società: dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano."
Grazie all’immersione battesimale i laici si trovano nella vicinanza di Gesù risorto a ogni aspetto ed istituzione della società e del mondo. A questo punto è fondamentale cogliere bene in che modo Gesù risorto abita le civiltà. Lui è per sua natura divina il più vicino a ogni espressione civile come lo illustra il documento Gaudium et spes. Il migliore scienziato partecipa in minima parte alle conoscenze umane di Gesù risorto, il politico più geniale coglie in minima parte la percezione politica che Gesù risorto ha del suo paese. Il tecnico più avanzato realizza in una minima percentuale la creatività tecnologica del Risorto. Ognuno di loro partecipa alla luce di Gesù risorto ed è ispirato del nella misura colgono il vero e realizzano il bene. Lo stesso Risorto ricapitola nelle sue ferite gloriose tutti i mali che possono produrre e li orienta verso di esse per la loro distruzione definitiva.
Conviene sviluppare un’interpretazione della società odierna non a partire dall’influsso che la Chiesa ha avuto in essa nel passato ma a partire dalla vita attuale di Gesù risorto presente e attivo in tutte le istituzioni del mondo. Qualsiasi realizzazione di vero, buono, bello e giusto è ispirato da lui e promosso da lui e trova compimento in lui. L’azione e presenza di Gesù risorto non è legato alla presenza e all’azione ella sua Chiesa dolcissima.
La duplice immersione del laico cristiano come partecipazione alla vita gloriosa di Gesù
Duplice immersione del laico: grazie all’immersione battesimale immersi in modo nuovo nel mondo nelle civiltà.
Il progetto conciliare riguardo ai laici è formulato nell’ultimo paragrafo di questo capitolo della Lumen Gentium:
"Ogni laico deve essere davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo. Tutti insieme, e ognuno per la sua parte, devono nutrire il mondo con i frutti spirituali (cfr. Gal 5,22) e in esso diffondere lo spirito che anima i poveri, miti e pacifici, che il Signore nel Vangelo proclamò beati (cfr. Mt 5,3-9). In una parola: « ciò che l’anima è nel corpo, questo siano i cristiani nel mondo ». (LG 38)
Questa duplice immersione nel mondo grazie a Gesù viene presentato dal Concilio attraverso la partecipazione al triplice ufficio di Gesù risorto che implica nello stesso momento come accennato sopra immersione nella vita di Gesù e perciò un nuovo modo più intimo e vero di essere nel mondo con particolare apertura verso i cieli nuovi e la terra nuova:
"Partecipazione dei laici al sacerdozio comune
Il sommo ed eterno sacerdote Gesù Cristo, volendo continuare la sua testimonianza e il suo ministero anche attraverso i laici, li vivifica col suo Spirito e incessantemente li spinge ad ogni opera buona e perfetta.
A coloro infatti che intimamente congiunge alla sua vita e alla sua missione, concede anche di aver parte al suo ufficio sacerdotale per esercitare un culto spirituale, in vista della glorificazione di Dio e della salvezza degli uomini. Perciò i laici, essendo dedicati a Cristo e consacrati dallo Spirito Santo, sono in modo mirabile chiamati e istruiti per produrre frutti dello Spirito sempre più abbondanti. Tutte infatti le loro attività, preghiere e iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e anche le molestie della vita, se sono sopportate con pazienza, diventano offerte spirituali gradite a Dio attraverso Gesù Cristo (cfr. 1 Pt 2,5);" (LG 34)
L’espressione "Ufficio sacerdotale" mette l’accento su come ogni aspetto della vita del cristiano è partecipazione alla vita divina, vale a dire "nello Spirito".
"Partecipazione dei laici alla funzione profetica del Cristo
35. Cristo, il grande profeta, il quale con la testimonianza della sua vita e con la potenza della sua parola ha proclamato il regno del Padre, adempie il suo ufficio profetico fino alla piena manifestazione della gloria, non solo per mezzo della gerarchia, che insegna in nome e con la potestà di lui, ma anche per mezzo dei laici, che perciò costituisce suoi testimoni provvedendoli del senso della fede e della grazia della parola (cfr. At 2,17-18; Ap 19,10), perché la forza del Vangelo risplenda nella vita quotidiana, familiare e sociale.
Essi si mostrano figli della promessa quando, forti nella fede e nella speranza, mettono a profitto il tempo presente (cfr. Ef 5,16; Col 4,5) e con pazienza aspettano la gloria futura (cfr. Rm 8,25). E questa speranza non devono nasconderla nel segreto del loro cuore, ma con una continua conversione e lotta «contro i dominatori di questo mondo tenebroso e contro gli spiriti maligni» (Ef 6,12), devono esprimerla anche attraverso le strutture della vita secolare.
Come i sacramenti della nuova legge, alimento della vita e dell’apostolato dei fedeli, prefigurano un cielo nuovo e una nuova terra (cfr. Ap 21,1), così i laici diventano araldi efficaci della fede in ciò che si spera (cfr. Eb 11,1), se senza incertezze congiungono a una vita di fede la professione di questa stessa fede. Questa evangelizzazione o annunzio di Cristo fatto con la testimonianza della vita e con la parola acquista una certa nota specifica e una particolare efficacia dal fatto che viene compiuta nelle comuni condizioni del secolo.
In questo ordine di funzioni appare di grande valore quello stato di vita che è santificato da uno speciale sacramento: la vita matrimoniale e familiare. L’esercizio e scuola per eccellenza di apostolato dei laici si ha là dove la religione cristiana permea tutta l’organizzazione della vita e ogni giorno più la trasforma. Là i coniugi hanno la propria vocazione: essere l’uno all’altro e ai figli testimoni della fede e dell’amore di Cristo. La famiglia cristiana proclama ad alta voce allo stesso tempo le virtù presenti del regno di Dio e la speranza della vita beata. Così, col suo esempio e con la sua testimonianza, accusa il mondo di peccato e illumina quelli che cercano la verità." (LG 35)
Con l’espressione "ufficio profetico" il Concilio evidenzia quanto la prospettiva della vita futura qualifica la vita attuale e quanto il mono ha il diritto di sentire questa sua verità annunciata.
Partecipazione dei laici al servizio regale
36. Cristo, fattosi obbediente fino alla morte e perciò esaltato dal Padre (cfr. Fil 2,8-9), è entrato nella gloria del suo regno; a lui sono sottomesse tutte le cose, fino a che egli sottometta al Padre se stesso e tutte le creature, affinché Dio sia tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15,27-28). Questa potestà egli l’ha comunicata ai discepoli, perché anch’essi siano costituiti nella libertà regale e con l’abnegazione di sé e la vita santa vincano in se stessi il regno del peccato anzi, servendo il Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza conducano i loro fratelli al Re, servire i1 quale è regnare.
Il Signore infatti desidera estendere il suo regno anche per mezzo dei fedeli laici: i1 suo regno che è regno « di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace » e in questo regno anche le stesse creature saranno liberate dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio (cfr. Rm 8,21). Grande veramente è la promessa, grande il comandamento dato ai discepoli:
« Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio » (1 Cor 3,23).
I fedeli perciò devono riconoscere la natura profonda di tutta la creazione, il suo valore e la sua ordinazione alla lode di Dio, e aiutarsi a vicenda a una vita più santa anche con opere propriamente secolari, affinché il mondo si impregni dello spirito di Cristo e raggiunga più efficacemente il suo fine nella giustizia, nella carità e nella pace. Nel compimento universale di questo ufficio, i laici hanno il posto di primo piano.
Con la loro competenza quindi nelle discipline profane e con la loro attività, elevata intrinsecamente dalla grazia di Cristo, portino efficacemente l’opera loro, affinché i beni creati, secondo i fini del Creatore e la luce del suo Verbo, siano fatti progredire dal lavoro umano, dalla tecnica e dalla cultura civile per l’utilità di tutti gli uomini senza eccezione, e siano tra loro più convenientemente distribuiti e, secondo la loro natura, portino al progresso universale nella libertà umana e cristiana. Così Cristo per mezzo dei membri della Chiesa illuminerà sempre di più l’intera società umana con la sua luce che salva.
Inoltre i laici, anche consociando le forze, risanino le istituzioni e le condizioni del mondo, se ve ne siano che provocano al peccato, così che tutte siano rese conformi alle norme della giustizia e, anziché ostacolare, favoriscano l’esercizio delle virtù.
Così agendo impregneranno di valore morale la cultura e le opere umane. In questo modo il campo del mondo si trova meglio preparato per accogliere il seme della parola divina, e insieme le porte della Chiesa si aprono più larghe, per permettere che l’annunzio della pace entri nel mondo.
Per l’economia stessa della salvezza imparino i fedeli a ben distinguere tra i diritti e i doveri, che loro incombono in quanto membri della Chiesa, e quelli che competono loro in quanto membri della società umana. cerchino di metterli in armonia fra loro, ricordandosi che in ogni cosa temporale devono essere guidati dalla coscienza cristiana, poiché nessuna attività umana, neanche nelle cose temporali, può essere sottratta al comando di Dio.
Nel nostro tempo è sommamente necessario che questa distinzione e questa armonia risplendano nel modo più chiaro possibile nella maniera di agire dei fedeli, affinché la missione della Chiesa possa più pienamente rispondere alle particolari condizioni del mondo moderno. Come infatti si deve riconoscere che la città terrena, legittimamente dedicata alle cure secolari, è retta da propri principi, così a ragione è rigettata 1 infausta dottrina che pretende di costruire la società senza alcuna considerazione per la religione e impugna ed elimina la libertà religiosa dei cittadini." (LG 36)
Con l’espressione "ufficio regale" il Concilio mette l’accento sull’aspetto politico del impegno cristiana che qualifica la vita del mondo dal suo interno a tutti i livelli.
Quale collaborazione tra laici e gerarchia per la realizzazione della vita in Gesù?
I laici e la gerarchia
37. I laici, come tutti i fedeli, hanno il diritto di ricevere abbondantemente dai sacri pastori i beni spirituali della Chiesa, soprattutto gli aiuti della parola di Dio e dei sacramenti; ad essi quindi manifestino le loro necessità e i loro desideri con quella libertà e fiducia che si addice ai figli di Dio e ai fratelli in Cristo. Secondo la scienza, competenza e prestigio di cui godono, hanno la facoltà, anzi talora anche il dovere, di far conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della Chiesa.
Se occorre, lo facciano attraverso gli organi stabiliti a questo scopo dalla Chiesa, e sempre con verità, fortezza e prudenza, con rispetto e carità verso coloro che, per ragione del loro sacro ufficio, rappresentano Cristo.
I laici, come tutti i fedeli, con cristiana obbedienza prontamente abbraccino ciò che i pastori, quali rappresentanti di Cristo, stabiliscono in nome del loro magistero e della loro autorità nella Chiesa, seguendo in ciò l’esempio di Cristo, il quale con la sua obbedienza fino alla morte ha aperto a tutti gli uomini la via beata della libertà dei figli di Dio. Né tralascino di raccomandare a Dio con le preghiere i loro superiori, affinché, dovendo questi vegliare sopra le nostre anime come persone che ne dovranno rendere conto, lo facciano con gioia e non gemendo (cfr. Eb 13,17).
I pastori, da parte loro, riconoscano e promuovano la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa; si servano volentieri del loro prudente consiglio, con fiducia affidino loro degli uffici in servizio della Chiesa e lascino loro libertà e margine di azione, anzi li incoraggino perché intraprendano delle opere anche di propria iniziativa.
Considerino attentamente e con paterno affetto in Cristo le iniziative, le richieste e i desideri proposti dai laici e, infine, rispettino e riconoscano quella giusta libertà, che a tutti compete nella città terrestre.
Da questi familiari rapporti tra i laici e i pastori si devono attendere molti vantaggi per la Chiesa: in questo modo infatti si afferma nei laici il senso della propria responsabilità, ne è favorito lo slancio e le loro forze più facilmente vengono associate all’opera dei pastori.
E questi, aiutati dall’esperienza dei laici, possono giudicare con più chiarezza e opportunità sia in cose spirituali che temporali; e così tutta la Chiesa, forte di tutti i suoi membri, compie con maggiore efficacia la sua missione per la vita del mondo."
La grandezza e bellezza della partecipazione alla vita di Gesù risorto è in grado di generare passione e collaborazione sia per la costruzione politica della comunione ecclesiale sia per un progetto politico per la sua diffusione INSIEME!!!!!
Per la riflessione
Posso descrivere con mie parole la bellezza della mia dignità battesimale?
Quali aspetti del mio ruolo di laico nella Chiesa mi sono particolarmente cari?
In che modo la mia appartenenza ecclesiale, la mia partecipazione alla vita divina qualifica la mia vita familiare, professionale, sociale, culturale e politica?
In che modo collaboro o mi piacerebbe collaborare con la gerarchia "perché il disegno divino di salvezza raggiunga ogni giorno più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra" (LG 33)?