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Conversazione12/05/2012

Conversazioni 2011/2012

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12 maggio 2012

L'UNZIONE DEGLI INFERMI: RENDERE LA SOFFERENZA FAMIGLIARE ABITABILE

L'evento "malattia" in famiglia


Ogni aspetto della vita sia nel suo costituirsi, sia nel suo manifestarsi trova nella famiglia la sua potente e chiara espressione. Dal concepimento fino alla morte ogni caratteristica della vita umana viene vissuta nel modo più intenso possibile da chi della stessa vita è l'origine naturale: la famiglia. Solo i coniugi sperimentano in profondità e con tutto il loro essere che cosa voglia dire concepire un figlio.
Quando il TG mostra le immagini di un funerale sono sempre i familiari in prima fila coloro che piangono la morte di una persona umana. E' sempre la famiglia a manifestare potentemente la grandezza della vita in tutte le sue manifestazioni e fasi e a testimoniare l'assurdità e il non senso della fine di questa vita percepita così preziosa che è la morte.
 In questa luce il "testo" famiglia offre anche un modo del tutto particolare per "descrivere" il fenomeno inquietante della malattia. Il dinamismo più proprio della famiglia è generare e promuovere la vita.
L'esperienza sia dell'innamoramento, della vita intima, il quotidiano impegno lavorativo, della cura della casa e dell'investimento energetico enorme per l'educazione dei figli manifestano l'incondizionata amabilità e preziosità di questa vita umana da porre in esistenza e da realizzare con tutte le energie a disposizione!
Perciò la malattia stona parecchio con la vocazione, con il senso-orientamento della vita. La malattia frena l'orientamento famigliare a favore della realizzazione felice e integrale di tutti i membri della famiglia.
Allo stesso momento si può ammirare quanto la malattia vissuta in famiglia può evidenziare la preziosità della persona umana. Quanta cura riceve un marito malato, una figlia sofferente dai propri componenti famigliari. Si tratta di azioni d'amore nel senso più autentico della parola. Grazie a queste cure la persona malata si ritrova. Nelle azioni che favoriscono la sua guarigione riceve se stesso, ritrova se stesso e si riconcilia con la propria vita.
Proprio questo mi sembra uno degli effetti più tragici e rischiosi della malattia: mi fa dubitare della vivibilità, della realizzabilità, della dignità della mia vita. Il dolore, la debolezza e il grado di danno dei vari parti del mio organismo mi inducono a non potermi fidare della mia vita. La sofferenza intensa mi corrode la percezione dell'amabilità del mio essere.
Rischio di sperimentarmi insopportabile per me stesso. Mi percepisco incapace né di mantenere le relazioni vitali con chi mi è vicino, né di compiere le azioni vitali che mi garantiscono la sopravvivenza, per non parlare dell'incapacità lavorativa. La malattia si manifesta così come un'esperienza dolorosa della priorità del mio essere che permane anche quando non sono più in grado di muovermi, di essere autosufficiente costretto a dipendere in tutto dagli altri.
La grandezza della famiglia in questo contesto rifulge in quanto può essere proprio la famiglia a donare a un suo membro malato le azioni vitali di cui la madre, la moglie, il figlio,… non sono più in grado di realizzare.

Gesù e la malattia

Dove si attua una tale cura risplende la famiglia come immagine di Gesù, come vera e propria Chiesa domestica
"1504 Spesso Gesù chiede ai malati di credere [Cf Mc 5,34; Mc 5,36; Mc 9,23 ]. Si serve di segni per guarire: saliva e imposizione delle mani, [Cf Mc 7,32-36; Mc 8,22-25 ] fango e abluzione [Cf Gv 9,6 s]. I malati cercano di toccarlo [Cf Mc 1,41; Mc 3,10; Mc 6,56 ] "perché da lui usciva una forza che sanava tutti" ( Lc 6,19 ). Così, nei sacramenti, Cristo continua a "toccarci" per guarirci.
1505 Commosso da tante sofferenze, Cristo non soltanto si lascia toccare dai malati, ma fa sue le loro miserie: "Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie" ( Mt 8,17 ) [Cf Is 53,4 ]. Non ha guarito però tutti i malati. Le sue guarigioni erano segni della venuta del Regno di Dio.
Annunciavano una guarigione più radicale: la vittoria sul peccato e sulla morte attraverso la sua Pasqua. Sulla croce, Cristo ha preso su di sé tutto il peso del male [Cf Is 53,4-6 ] e ha tolto il "peccato del mondo" ( Gv 1,29 ), di cui la malattia non è che una conseguenza. Con la sua passione e la sua morte sulla Croce, Cristo ha dato un senso nuovo alla sofferenza: essa può ormai configurarci a lui e unirci alla sua passione redentrice.
"La sofferenza, infatti, non può essere trasformata e mutata con una grazia dall'esterno, ma dall'interno. E Cristo mediante la sua propria sofferenza salvifica si trova quanto mai dentro ad ogni sofferenza umana, e può agire dall'interno di essa con la potenza del suo Spirito di verità, del suo Spirito Consolatore.
Non basta: il divin Redentore vuole penetrare nell'animo di ogni sofferente attraverso il cuore della sua Madre santissima, primizia e vertice di tutti i redenti.
Quasi a continuazione di quella maternità, che per opera dello Spirito Santo gli aveva dato la vita, Cristo morente conferì alla sempre Vergine Maria una maternità nuova - spirituale e universale - verso tutti gli uomini, affinché ognuno, nella peregrinazione della fede, gli rimanesse, insieme con lei, strettamente unito fino alla Croce e,
con la forza di questa Croce, ogni sofferenza rigenerata diventasse, da debolezza dell'uomo, potenza di Dio."

La malattia pregata

1502 L'uomo dell'Antico Testamento vive la malattia di fronte a Dio. E' davanti a Dio che egli versa le sue lacrime sulla propria malattia; [Cf Sal 38 ] è da lui, il Signore della vita e della morte, che egli implora la guarigione [Cf Sal 6,3; Is 38 ]. La malattia diventa cammino di conversione [Cf Sal 38,5; 1502 Sal 39,9; Sal 38,12 ] e il perdono di Dio dà inizio alla guarigione [Cf Sal 32,5; Sal 107,20; 1502 Mc 2,5-12 ].
Israele sperimenta che la malattia è legata, in un modo misterioso, al peccato e al male, e che la fedeltà a Dio, secondo la sua Legge, ridona la vita: "perché io sono il Signore, colui che ti guarisce!" ( Es 15,26 ).
Il profeta intuisce che la sofferenza può anche avere un valore redentivo per i peccati altrui [Cf Is 53,11 ]. Infine Isaia annuncia che Dio farà sorgere per Sion un tempo in cui perdonerà ogni colpa e guarirà ogni malattia [Cf Is 33,24 ].

Gesù dona la sua relazione con la malattia alla Chiesa

1506 Cristo invita i suoi discepoli a seguirlo prendendo anch'essi la loro croce [Cf Mt 10,38 ]. Seguendolo, assumono un nuovo modo di vedere la malattia e i malati. Gesù li associa alla sua vita di povertà e di servizio.
Li rende partecipi del suo ministero di compassione e di guarigione: "E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano" ( Mc 6,12-13 ).
1507 Il Signore risorto rinnova questo invio (Nel mio nome. . . imporranno le mani ai malati e questi guariranno": Mc 16,17-18 ) e lo conferma per mezzo dei segni che la Chiesa compie invocando il suo nome. Questi segni manifestano in modo speciale che Gesù è veramente "Dio che salva".
1508 Lo Spirito Santo dona ad alcuni un carisma speciale di guarigione per manifestare la forza della grazia del Risorto. Tuttavia, neppure le preghiere più intense ottengono la guarigione di tutte le malattie.
Così san Paolo deve imparare dal Signore che "ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza" ( 2Cor 12,9 ), e che le sofferenze da sopportare possono avere come senso quello per cui "io completo nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" ( Col 1,24 ).
1509 "Guarite gli infermi!" ( Mt 10,8 ). Questo compito la Chiesa l'ha ricevuto dal Signore e cerca di attuarlo sia attraverso le cure che presta ai malati sia mediante la preghiera di intercessione con la quale li accompagna. Essa crede nella presenza vivificante di Cristo, medico delle anime e dei corpi.
Questa presenza è particolarmente operante nei sacramenti e in modo tutto speciale nell'Eucaristia, pane che dà la vita eterna e al cui legame con la salute del corpo san Paolo allude.

La celebrazione dell'assunzione della malattia in Gesù

"12 E partiti, predicavano che la gente si convertisse, 13 scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano."
"13 Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia salmeggi. 14 Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. 15 E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati.
16 Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza. 17 Elia era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. 18 Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto."
1511 "Questa unzione sacra dei malati è stata istituita come vero e proprio sacramento del Nuovo Testamento dal Signore nostro Gesù Cristo. Accennato da Marco, è stato raccomandato ai fedeli e promulgato da Giacomo, apostolo e fratello del Signore [Concilio di Trento: Denz. - Schönm., 1695; cf Mc 6,13; 1511 Gc 5,14-15 ].
1499 "Con la sacra unzione degli infermi e la preghiera dei presbiteri, tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché alleggerisca le loro pene e li salvi, anzi li esorta a unirsi spontaneamente alla passione e alla morte di Cristo, per contribuire così al bene del popolo di Dio" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11].

La celebrazione del passaggio alla visione di Gesù

Il sacramento degli infermi conferisce una grazia ulteriore: vivere il passaggio della morte alla visione di Gesù così come è al modo di Gesù. La "malattia estrema" è la morte. L'incarnazione di Dio nella morte di Gesù manifesta quanto lui è vicino a ogni morente.
La morte di ogni persona umana è vissuta in modo più intimo da parte della Beata e vicinissima Trinità di quanto la vive la stessa persona morente! Il sacramento dell'unzione introduce al modo di morire di Gesù che in lui diventa celebrazione dell'inizio della gloria.
"1523 Una preparazione all'ultimo passaggio. Se il sacramento dell'Unzione degli infermi è conferito a tutti coloro che soffrono di malattie e di infermità gravi, a maggior ragione è dato a coloro che stanno per uscire da questa vita (in exitu vitae constituti"), per cui lo si è anche chiamato "sacramentum exeuntium" [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1698].
L'Unzione degli infermi porta a compimento la nostra conformazione alla Morte e alla Risurrezione di Cristo, iniziata dal Battesimo. Essa completa le sante unzioni che segnano tutta la vita cristiana; quella del Battesimo aveva suggellato in noi la vita nuova; quella della Confermazione ci aveva fortificati per il combattimento di questa vita. Quest'ultima unzione munisce la fine della nostra esistenza terrena come di un solido baluardo in vista delle ultime lotte prima dell'ingresso nella Casa del Padre [Cf ibid., 1694].

V. Il viatico, ultimo sacramento del cristiano

1524 A coloro che stanno per lasciare questa vita, la Chiesa offre, oltre all'Unzione degli infermi, l'Eucaristia come viatico. Ricevuta in questo momento di passaggio al Padre, la Comunione al Corpo e al Sangue di Cristo ha un significato e un'importanza particolari.
E' seme di vita eterna e potenza di risurrezione, secondo le parole del Signore: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" ( Gv 6,54 ). Sacramento di Cristo morto e risorto, l'Eucaristia è, qui, sacramento del passaggio dalla morte alla vita, da questo mondo al Padre [Cf Gv 13,1 ].
1525 Come i sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell'Eucaristia costituiscono una unità chiamata "i sacramenti dell'iniziazione cristiana", così si può dire che la Penitenza, la Sacra Unzione e l'Eucaristia, in quanto viatico, costituiscono, al termine della vita cristiana, "i sacramenti che preparano alla Patria" o i sacramenti che concludono il pellegrinaggio terreno."

Telegiornali e spot pubblicitari: iniziazione alla mentalità pasquale

Gesù risorto insegna agli apostoli un modo particolare di interpretazione della Sacra Scrittura che allora erano solo i libri dell'attuale Antico Testamento. "44 Poi disse: "Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi".
45 Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: 46 "Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno …"  Gesù distingue implicitamente tra un senso letterale della Sacra Scrittura, della legge di Mosè, dei profeti e dei salmi, conosciuta dagli stessi apostoli e un senso pieno che la sua stessa vita, morte e risurrezione conferisce alle stesse parole ed eventi dell'Antico Testamento.
Cogliere questi vari livelli di significati è cogliere il significato delle Scritture, vale a dire della storia della salvezza, del manifestarsi graduale di Dio nella storia umana, nella storia personale delle persone, nelle famiglie e nel popolo d'Israele. Tenendo questo modo di interpretare della storia che Gesù dona ai suoi discepoli possiamo anche oggi interpretare gli eventi storici a vari livelli.
Porto come esempio il palinsesto delle maggiori reti televisive nazionali che è ritmato da due filoni che configurano la successione dei programmi televisivi giornalieri: il notiziario e gli spot pubblicitari. La retorica dei due programmi è molto elaborata.
Colpisce l'autorevolezza con la quale gli speaker dei telegiornali proclamano le notizie del giorno, il tono vacilla tra il minaccioso e il solenne e postula in ogni modo incondizionata convincibilità. Ciò che dico è sicuramente vero e degno d'essere ascoltato.
Di fatto l'assenso religioso con il quale buona parte degli italiani consuma pasto e notizie ne evidenzia efficacia. Fa pensare che la maggioranza delle notizie sono negative. Politica, economia, chiesa, famiglie, ambito lavorativo sono soprattutto luoghi di fallimenti, di crisi e di tragedie.
La vita reale viene così descritta soprattutto sotto i suoi aspetti negativi generando nei telespettatori la percezione di una politica fallita, di un'economia, di famiglie, di istituzioni in crisi.
Molto diversa invece la presentazione degli spot pubblicitari pieni di luce, di colore, di voce soavi, di vitalità di bellezza. La felicità umana secondo i palinsesti delle nostre TV si realizza attraverso l'acquisto di specifici prodotti che garantiscono delle qualità di vita molto particolari: bellezza, salute, felicità, agilità, vita familiare felice, vita sociale divertente, assenza di dolore.
L'interpretazione letterale di questi due modi di rappresentare la realtà potrebbe indurre a pensare che il palinsesto televisivo volesse condurre il telespettatore via dalla vita reale dentro nella vita ideale "donata" attraverso il consumo economico. Il primato economico nella nostra civiltà attuale potrebbe avvallare questa interpretazione.
A un altro livello si potrebbe dare la seguente interpretazione in luce pasquale. Il TG illustra nei minimi dettagli di che cosa Gesù si è occupato nella sua passione e morte: dei fallimenti umani, famigliari, istituzionali, di tutte le miserie, delle catastrofi e dei peccati umani di cui i telegiornali sono avidi informatori.
Gli spot pubblicitari, invece, evidenziano la condizione del corpo glorioso: bellezza (splendor), assenza di dolori (impassibilitas), agilità (agilitas), perfetta sintonia tra anima e corpo (subtilitas) e comunione armoniosa tra le persone (communio sanctorum).
Gesù soffre con questo fine: per donare a ogni persona la stessa sua qualità di vita gloriosa che si può ottenere non attraverso acquisti economici ma grazie a battesimo e a eucaristia.
In questa luce guardare tg e spot pubblicitari può diventare un approfondimento continuo di una visione pasquale della vita che impara concretamente quanto Gesù partecipa e fa sue le nostre malattie e sofferenze e che nello stesso momento cresce nella certezza che lo stesso Gesù ci comunica quella vita bella e indistruttibile di cui la pubblicità è nostalgia, segno e profezia.
Esercizi di questo tipo possono favorire in noi la consapevolezza dell'onore di poter riconoscere le nostre sofferenze come partecipazione alle sofferenze di Cristo scoprendo in esse il loro senso salvifico come Giovanni Paolo II afferma nella sua lettera apostolico sl dolore:
"" Completo nella mia carne - dice l'apostolo Paolo spiegando il valore salvifico della sofferenza- quello che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che è la Chiesa "(1).
Queste parole sembrano trovarsi al termine del lungo cammino che si snoda attraverso la sofferenza inserita nella storia dell'uomo ed illuminata dalla Parola di Dio. Esse hanno quasi il valore di una definitiva scoperta, che viene accompagnata dalla gioia; per questo l'Apostolo scrive: " Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi "(2). La gioia proviene dalla scoperta del senso della
sofferenza, ed una tale scoperta, anche se vi partecipa in modo personalissimo Paolo di Tarso che scrive queste parole, è al tempo stesso valida per gli altri. L'Apostolo comunica la propria scoperta e ne gioisce a motivo di tutti coloro che essa può aiutare - così come aiutò lui - a penetrare il senso salvifico della sofferenza."


Per la riflessione:

Posso tracciare la mia storia personale con il mio essere malato? Quali dimensioni della vita mi hanno rivelato le mie malattie?

Come vorrei che il mio coniuge mi trattasse quando sono malata/o? Come vivo la malattia del coniuge? Posso descrivere come percepisce la sua malattia e come vorrebbe essere trattato da me nella sua malattia? Come vivo/viviamo la malattia dei nostri figli?

Come penso che Gesù si relazioni alla mia malattia? Che significato ha conferito Gesù alla malattia? Come integro la morte nella mia vita?

lain
 

Oggi é e sono le ore - Aggiornato il 30/11/2024

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