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Essere anziano come compimento.....

Conversazioni 2006/2007

 

ESSERE ANZIANO COME COMPIMENTO E INIZIO DELLA VITA UMANA

Non solo della nostra persona come unità di anima, corpo e azioni abbiamo una certa immagine ma anche della nostra storia. Pensiamo, vogliamo e sentiamo il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro in un certo modo.
Di ogni anno della nostra vita possiamo con un piccolo sforzo di memoria individuare le percezioni di fondo che determinano se quel anno della nostra vita è di nostro gradimento o meno.
Si potrà già intuire quanto questo modo di filtrare tutti i giorni della nostra vita influisca sulla percezione della nostra vita. Contribuisce molto l'atteggiamento che ho verso il mio passato e verso il mio futuro su come mi penso, voglio e sento qui e ora.
Posso essere in lotta, in pace, nella più grande indifferenza (uguale a rifiuto velato) o in profonda riconoscenza verso gli anni della vita che finora ho trascorso su questo pianeta misterioso. In modo simile posso guardare il futuro: con paura, con preoccupazione, con noia, con entusiasmo, con trepidazione, con speranza … tutto dipende dall'immagine che ne porto e nutro dentro di me.
Oggi ci soffermiamo sulla nostra idea del futuro, in modo più preciso sull'immagine che coltivo della mia vecchiaia. Uso consapevolmente l'espressione "vecchiaia" affinché si possa subito assaporare il retrogusto negativo che questa parola-condizione ha assunto nella nostra società.

"Vecchio" una parola-tabù delle società tecnologiche

La società occidentale tecnologica e consumista è mirabilmente società delle immagini in un senso positivissimo e in un senso negativissimo. Positivissimo perché grazie alle sue immagini apre l'uomo a nuove e vaste dimensioni della vita finora sconosciute, negativissimo perché spesso si tratta di immagini che distolgono dalla realtà e imprigionano la persona nella stessa immagine rendendola dipendente da essa (per esempio, televisione, droga, moda, fittness, ecc.).
Una delle immagini, offertaci dall'opinione pubblica comune, che più fortemente falsifica il rapporto dell'uomo con la sua vita è l'immagine corrente della vecchiaia.
L'uso linguistico della parola "vecchio" ne è eloquente espressione. Si tratta di un tabù linguistico. Non si può dire a una persona che sia vecchia. Ma non si tratta di un tabù di rispetto ma di disprezzo.
Non si deve chiamare una persona "vecchia" perché la vecchiaia viene considerata una condizione deplorevole e negativa. Il tabù linguistico esprime il pensare, il voler e il sentire comune riguarda all'età della vecchiaia: non dovrebbe esistere.
Se continueremo in questa direzione tra poco si postulerà il diritto di non essere mai vecchio come un diritto fondamentale dell'uomo e si cercherà di inserirlo nella carta dei diritti umani. Infatti, chiamare una persona "vecchia" viene considerato un'offesa.
Perciò, essere vecchio è un'offesa. Un'offesa è sempre una lesione di un diritto umano. Ecco la conclusione paradossale ma eloquente del tabù linguistico "vecchio": essere vecchio è contro i diritti umani.
Come mai siamo arrivati a questo assurdo? La nostra società è prevalentemente una società immanentista, vale a dire riconosce la sua realizzazione in modo esclusivo in una modalità intraterrena.
Il capitalismo e il corrispondente consumismo sono due stili di vita complementari che offrono speranze che si possono solo realizzare in una concezione strettamente materiale. Non si può vendere giustizia o la pace, ma solo cellulari, pomodori, pantaloni.
L'uomo ideale che garantisce la realizzazione di questo modello di vita è il giovane, giovane in tutti i sensi, entusiasta, spensierato, manipolabile, con poca scienza e esperienza, un fisico ottimale sia in termine di bellezza che di rendimento. Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde ne è una metafora molto indovinata.
Si pone solo un problema di fondo in questa concezione di vita: la morte, che si manifesta come minaccia inevitabile di questo stile di vita perfettamente intramondana. Perciò si adatta la strategia dello struzzo: testa sotto la sabbia, vale a dire fare finta come se il nemico non ci fosse.
Significa in pratica eliminare o emarginare tutti i segni premonitori della morte di cui due condizioni umane sono i profeti più forti: la malattia e la vecchiaia.
Queste considerazioni tengono conto solo di alcune motivazione per l'attuale offuscamento della terza età nella nostra società, ma possono far capire perché il pensiero di invecchiare può inquietare. Veniamo educati a curare in noi un'immagine negativa della nostra vecchiaia.
Bastino due espressioni tipiche delle persone anziani per poter illustrare quanto le stesse persone anziane aderiscano e promuovano questa immagine della vecchiaia: "Ai tempi miei!" e "ormai …" sono due espressioni chiavi che rendono bene il sentire anziano comune: "I miei tempi" non ci sono più.
Sarei fuori del tempo?
L'anziano deve vivere in una condizione atemporale, vale a dire senza contatto con la storia vera del mondo, della società e della vita. Il vecchio è di troppo. "Ormai …" vuole altrettanto esprimere che nella condizione della vecchiaia non c'è più possibilità per l'atto genuino del vivere umano.
E' troppo tardi. La vera vita umana non è più possibile. Si è svolta in modo esclusivo nella gioventù oppure fin quando il corpo non dava problemi seri o cronici.
Che questa immagine non è un'immagine obbligatoria ci rivelano tante culture primitive o anche antiche nelle quali la vecchiaia veniva e viene celebrata come l'età della sapienza e della maturità.

Il futuro dell'umanità: la vecchiaia


Un fenomeno quotidiano rivela in modo lampante l'attualità e la centralità della vecchiaia per ogni essere umano: l'orologio.  
Con ogni secondo che passa io avanzo verso il futuro. Avanzare verso il futuro significa invecchiare. Qui scopriamo una delle contraddizioni più belle della nostra società che è a un passo della schizofrenia.
Viviamo il culto del nuovo, di ciò che viene domani, del progresso, delle sempre nuove scoperte e delle sempre nuove cose da comprare e rifiutiamo l'implicazione più evidente di questa euforia del futuro: l'invecchiamento.
Così anche nel dinamismo dello stress, che è l'insieme di tante azioni da compiere velocemente una dopo l'altra, scopriamo questa estrema tendenza verso il futuro, cioè verso la vecchiaia.
Possiamo immaginare che confusione interiore crei il rifiuto dell'invecchiamento per uno stile di vita così proiettato verso il futuro. E' come se uno che viaggia a 200 chilometri all'ora facesse continuamente inversione di marcia cercando di andare allo stesso momento con tutta la forza avanti e indietro!!!
Visto il nostro stile di vita e considerato soprattutto il naturale evolversi della nostra vita nel tempo possiamo solo riconoscere che chi veramente crede nel proprio futuro, chi è veramente progressista o vuole essere all'avanguardia dell'umanità e della società deve imparare ad amare il proprio futuro cioè la propria vecchiaia … per poter evitare una schizofrenia latente.
Tutta la nostra vita è proiettata verso il futuro, soprattutto la sua realizzazione. La realizzazione della vita del giovane avverrà nel futuro, cioè nella vecchiaia. Perciò la persona realizzata dovrebbe essere, se la natura non ci inganna, la persona anziana.
Se le cose non stanno così il dinamismo naturale, che ha bisogno di tempo per realizzarsi, cioè necessita per la sua maturazione dell'invecchiamento (come il vino buono … per lui è positivo essere vecchio!), ci imbroglia. In quest'ottica diventerebbe inutile volere realizzare qualcosa nella vita perché il periodo in cui avverrà la realizzazione si troverebbe in un momento che viene considerato di scarso valore.
Da qui emerge il ruolo centrale dell'anziano per i giovani. I vecchi rappresentano per se stessi e per i giovani la realizzazione della vita, il punto d'arrivo della vita. Ciò che questa vita offre si risolve nella vecchiaia. In questa luce si può capire perché molti giovani hanno sfiducia nella propria vita perché inconsapevolmente registrano molto bene che valore di compimento i vecchi danno alla loro vecchiaia.
Il loro comportamento spesso confonde i giovani perché con il loro modo di vivere e di parlare spesso glorificano solo il proprio passato e la propria gioventù facendo capire che la vivibilità della loro vita si è risolta in quei tempi. Ormai non c'è più niente da fare.

Vecchiaia come ricchezza di vita

Da quanto detto finora emerge la necessità di poter offrire all'anziano una concezione della propria condizione che sia in grado di fargli sperimentare la terza età come realizzazione della sua vita. Questo rinnovo dell'immagine della vecchiaia investe tre aspetti molto precisi e decisivi della persona anziana: il suo passato, il suo presente e il suo futuro.
Noteremo che nella vecchiaia questi tre aspetti della vita si condizionano in un modo terribilmente stretto. Un pensiero negativo o positivo su uno di questi tre dimensioni della vecchiaia offusca o illumina le altre due.
Prima però una parola riguardo il problema centrale della terza età: vecchiaia dice vicinanza alla fine dell'esistenza terrena dell'essere umano. In questo sta tutta la sua problematicità vera e la sua difficoltà che da un punto di vista umano rimane insormontabile. E se dopo non c'è niente?
Se dopo non ci fosse niente l'anziano vivrebbe sempre sull'orlo della distruzione totale della sua vita e giustamente dovrebbe sentirsi già fuori da tutto e allo stesso momento dà un messaggio chiaro agli altri dietro a lui: la vita è una grande "fregatura", (scusate il termine) non ti rimane niente.
Su questo sfondo tragico e buio risplende con una forza illuminante e vivificante senza pari la visione cristiana della vita. Vediamone le diverse implicazioni per il passato, il presente e il futuro dell'anziano.
Se Dio è il creatore della vita è lui a garantire l'affidabilità dello svolgersi della vita umana. Lui crea il tempo e lo spazio a favore della realizzazione dell'essere umano.
Ogni giorno, ogni ora e ogni minuto è creazione sua e dono personale ad ogni uomo. Di nuovo è il creatore e il donatore di ogni minuto garanzia della preziosità del minuto, dell'ora, del giorno e dell'anno ricevuto in regalo.
E' attraverso il dono del tempo che Dio mi arricchisce di vita, della mia, prima, e poi della sua.
Così ogni nuovo giorno implica un radicale arricchimento di vita per la mia persona. Per poter cogliere e vivere questa dimensione fondamentale della nostra esistenza conviene educarsi a "personalizzare" ogni giorno, vale a dire pensarlo come dono che mi viene personalmente da Dio, che lui dona personalmente a me.
In questa luce il presente viene vissuto nella sua dignità più profonda e svela una sua inaspettata amabilità. Allo stesso momento cambia colore anche il passato e il futuro. Il passato sarà l'insieme di questo dono della mia vita che aumenta di giorno in giorno. La vita passata sarà motivo di una forte percezione di pienezza e di riconoscenza.
Così quanto più sono vecchio tanto più sono ricco di vita. Quanto più vita possiedo tanto più sono amabile per Dio, per me stesso e per gli altri se la vita fosse riconosciuta e voluta nella sua radicale amabilità, così come esce dalle mani della Beata Trinità.
Ci si può educare a vedere questa vita amabile come tono di fondo, come melodia d'accompagnamento che colora e qualifica tutti gli eventi, azioni e persone di cui si compone ogni giorno.
Il futuro perciò vorrà dire soprattutto arricchimento e aumento di vita sotto le sue forme più varie anche dolorose. La consapevolezza del suo valore infinito in quanto dono di Dio mi potrà predisporre a pagare qualsiasi prezzo per essa.
Questo atteggiamento di incondizionata adesione alla vita così come mi viene data mi aiuterà ad evitare quel atteggiamento diffusissimo che dopo un certo numero di esperienze dolorose tira i remi in barca e dichiara la vita un affare chiuso. Simili decisioni stanno alla base delle famose espressioni sopra citate che fanno molto volentieri parte del linguaggio dell'anziano "ormai" e "ai tempi miei".
La mia vera vita si è svolta prima che cominciassero i guai. Questo atteggiamento infantile da "Mulino bianco" di fronte alla vita non tiene conto delle sue vere dimensioni e profondità e sacrifica la verità della vita a una sua misera idea, concepita magari nell'infanzia o nell'adolescenza e assecondata per tanti anni fino alla terza età.
Concedere a Dio di sapermi dare la vita che mi porta alla realizzazione della mia felicità mi potrà pian piano guarire dai miei preconcetti nei confronti della vita che mi guastano una serena e feconda apertura verso il futuro.
Altrettanto vale per la concezione del passato che per l'anziano ha tanto valore e per molti vecchi rappresenta lo spazio vitale preferito. Prima di tutto il mio passato è dono di Dio. La società attuale offre alla persona anziana un dono immenso per poter favorire la contemplazione riconoscente del proprio passato, del presente e del futuro: la pensione.
Letteralmente la persona anziana viene pagata per il suo essere anziano, certamente grazie ai suoi contributi. Proprio questo fatto può aiutare a capire meglio la relazione della persona anziana con il suo passato.
E' il tempo della raccolta di ciò che uno ha realizzato durante la vita. E' lungo tutta la sua vita che uno contribuisce con i propri soldi per poter vivere nella vecchiaia, per potersi godere la pensione. Questo aspetto finanziario ha bisogno d'essere voluto anche dal punto di vista esistenziale.
La pensione è frutto dei miei contributi versati per tanti anni come la mia vecchiaia è il frutto di tutti i giorni che ho ricevuto in dono e per la cui accoglienza ho faticato molto, moltissimo. Sarebbe un gravissimo imbroglio psicologico e morale privarsi della gioia e del godimento di una vita realizzata con tanti sacrifici.
Il ricordo dei sacrifici spesso impedisce questo godimento per un falso ripiegamento su stesso. Lo stesso ricordo dei sacrifici potrebbe aiutarmi di apprezzare di più il valore dell'opera della mia vita, attuato con tanto sudore. In questa luce il ricordo degli eventi, delle azioni e delle persone, soprattutto delle generazioni che sono uscite dalle mie viscere, che compongono la mia vita sarà un'occupazione appagante e edificante, al punto tale da farmi amare il presente come frutto di una tale ricchezza.

Il corpo invecchiato - un mistero da decifrare

Ci rendiamo conto di diventare vecchi quando il nostro corpo comincia a trasformarsi in tutti i sensi. Esternamente la pelle inizia ad sembrare un vestito comprato troppo grande per la propria misura. Avanza da tutte le parti. Il colore dei capelli e della pelle cambia.
Un certo ideale di bellezza svanisce. Vedere, ascoltare, mangiare, camminare, lavorare, inchinarsi, portare pesi, salire le scale, ricordarsi le cose tutto diventa più difficile. Gli organi interni non sono più come una volta. Il cuore si stanca, i polmoni anche, il fegato e lo stomaco si lamentano, l'intestino ha bisogno di cure particolari. Il medico è ormai diventato un consigliere fidato che si va spesso a visitare.
Quali atteggiamenti genera questo misterioso anche se naturale deperimento fisico? Molti lo prendono come delusione, altri con rassegnazione, pochi con spirito positivo. L'interpretazione più immediata di questo fatto che colpisce per la sua irreversibilità è: la morte si avvicina, perciò inquieta.
E se il corpo potesse parlare che cosa mi direbbe? Ti ho servito con fedeltà indicibile per 60, 70 anni e ora che io avrei bisogno di una parola buona mi butti via? Il dramma di un corpo tradito, cioè non accolto dalla persona anziana, si realizza con grande facilità ed è un atto di profonda ingiustizia. Perché disprezzare chi mi è stato fedelissimo per così tanto tempo?
E' la luce della fede che può favorire un atteggiamento positivo verso l'indebolimento fisico, perché mene svela l'aspetto più fondamentale: io risorgerò con questo mio corpo.
Risurrezione del corpo significa risurrezione di tutta la mia persona di tuta la mia vita in tutte le sue manifestazioni tranne una, quella del male. Questo è la consapevolezza gloriosa che Cristo offre alla persona anziana e che lui considera la consapevolezza normale per ogni uomo.
In questa luce posso fare profondamente pace con il mio corpo degno di profonda compassione. Gli potrò dire "grazie per ciò che mi hai fatto vivere" e allo stesso momento "coraggio sarai glorioso!" Dicendo questo ai miei sensi, alle mie membra, ai miei organi lo sto dicendo profondamente a me stesso.
Credo che sia anche il momento in cui mi rendo particolarmente conto della preziosità del mio corpo per la mia vita. Mai mi manca così tanto come adesso. Perciò l'esperienza del corpo nella vecchiaia completa quanto vissuto attraverso di esso nelle fasi della vita.
Appena nato fonte di benedizione da parte dei genitori, la sua centralità nel lavoro, la sua amabilità nel matrimonio ecc. e ora nella vecchiaia il congedo riconoscente nella certezza di tornare insieme nella gloria.
Un altro aspetto centrale svela l'indebolimento generale della fisicità: la preziosità dell'essere che persiste anche quando non si può più apparire, fare, possedere, godere e relazionarsi. La vecchiaia dice chiaramente: alla fine rimane solo il mio essere.
Credo in questo stia uno dei messaggi più forti della persona anziana. La preziosità del nostro essere è inalienabile. Ciò che sono rimane sempre con me. In questo senso il vecchio è invito pressante a concentrarsi, a conoscere ed amare bene il proprio essere prima di ogni altra cosa o persona.  

A un passo dalla visione di Dio - la solenne verità della vecchiaia

Ma il suo vero splendore, la sua intima solennità acquista la vecchiaia alla luce di ciò che ha di più proprio e perciò di più attuale. L'anziano è la persona che dal punto di vista del tempo si trova più vicino alla visione di Dio.
L'anima che si ritira dai sensi, dalle membra, dagli organi tende verso casa, verso la patria della persona umana. L'anima sa che è più unita a Dio che al suo corpo perciò si trova in solenne agitazione quando avverte l'invito di prepararsi ad abbandonare gradualmente il suo amato corpo per un po' di tempo.
La terza età è la condizione più vicina alla realizzazione definita della persona umana. Dopo la morte saremo veramente uomini e donne come Dio ci voleva. La persona anziana si trova nella consapevolezza che deve svolgere il suo volto in modo definitivo verso ciò che l'attende dopo la morte.
E' la persona stessa di Dio che mi aspetta con trepidazione per farsi vedere a me come è. Questa vicinanza della visione dell'ineffabile Signore qualifica la vecchiaia come la fase più decisiva e più vera della vita. In questo ultimo momento uno può giocarsi o guadagnarsi tutta la vita. Dipende da come si pone nei confronti dell'Amore infinito. Da qui l'indescrivibile attualità e bellezza degli ultimi anni della nostra vita.
Mi troverò davanti a Dio come davanti al marito o la moglie: nudo nel corpo e nel mio essere in tutta la verità del mio essere. Mi potrò presentare davanti alla sua ineffabile Bellezza come opera sua e mia, sì la mia persona sarà l'insieme del suo agire su di me e con me e del mio agire con lui in me.
Finalmente sarò realmente immagine sua fino in fondo, rispecchiando su di me visibilmente la gloria della sua vita.
Questo incontro sarà pervaso da un sentimento particolare: beatitudine, gioia inimmaginabile per la meraviglia che è Dio in tre persone e della mia vita risorta in mezzo a un'umanità tutta gloriosa.
Non conviene dimenticare che nella visione di Dio vedrò di nuovo la mia vita terrena e la vivrò per sempre ma al modo di Dio con gioia indicibile, perché grazie ad essa ora sono glorioso.
Cristo non ci lascia solo davanti a questo grande passo. Nella celebrazione della riconciliazione ci libera da tutto ciò che potrebbe impedirci a vedere Dio. Chi esce riconciliato da una confessione è stato trasformato in persona degna di essere risuscitata!
Queste ultime righe penso abbiano messo bene in luce la centralità della persona anziana per la verità della nostra società. In lei rifulge la realizzazione della vita umana nella ricchezza del suo essere realizzato attraverso tante azioni, parole, pensieri, relazioni ed eventi e allo stesso momento rappresenta l'invito lampante ad essere pronto per l'esperienza umanamente più qualificante ed esaltante: la visione di Dio!
Nessuna altra fase della vita umana è così gravida da verità umana.

Per la riflessione:

Quali persone incarnano il mio modello di anziano? Quali sono le sue caratteristiche?
Quali sono gli aspetti della vecchiaia che mi attirano e quali mi spaventano o rifiuto?
Quale è il ruolo specifico del coniuge nella vecchiaia?
Quanto influisce l'opinione comune della terza età sulla mia idea di vecchiaia e quanto la fede?


Oggi é e sono le ore - Aggiornato il 30/11/2024

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