Introduzione alla preghiera personale
Un’introduzione alla preghiera personale, di coppia e in famiglia
L'evento della preghiera
La percezione "pregare"
Che cosa succede nel nostro cuore quando pensiamo la parola “pregare”?
Ognuno di noi porta in sé una sua storia personale con l’azione del pregare.
Questa storia colora e conferisce vari sapori alla percezione “pregare”.
Siccome si tratta di un’attività che molti sono stati abituati a svolgere già in tenera età la percezione di ciò che è pregare può essere molto datata, vale a dire essere molto caratterizzato da esperienze infantili. Questo vale soprattutto per chi dopo il catechismo, dopo i dodici anni di età, non si è consapevolmente deciso a educarsi nella preghiera come in altre forme di vita. Sembra che una buona parte delle persone stia pregando ancora oggi come pregava nel periodo del catechismo.
Credo che si possa enumerare la preghiera tra le azioni vitali umane più trascurate nella nostra società occidentale (non in quelle asiatiche, africane, e sudamericane).
Penso altrettanto che questo fenomeno non si debba solo al benessere, al progresso, alla scienza, alla tecnologia ma soprattutto a una concezione talmente rudimentale e superficiale della stessa azione del pregare che poche persone ne rimangono attratte.
Le pagine che seguono vogliono illustrare aspetti della preghiera che possono aiutare a cogliere meglio il suo vero significato umano e cristiano in una triplice prospettiva: personale, coniugale e familiare.
In appendice si troveranno proposte di interpretazione delle preghiere tradizionali che portano dentro di loro il tesoro inestimabile della rivelazione cristiana, anche esso spesso poco conosciuto e perciò poco apprezzato.
L’azione vitale per eccellenza
Le azioni umane hanno diversa intensità vitale. Mangiare, bere, respirare, digerire sono alcune delle azioni fondamentali del nostro esistere. Se una di queste azioni venisse meno, i nostri giorni terreni finirebbero nel giro di pochi giorni.
Sono azioni di altissimo valore umano. Così il pensare, il parlare, lo scrivere, l’ascoltare, il sentire sono azioni ancora più specificamente umane attraverso le quali diventiamo e approfondiamo il nostro essere uomini e donne, vale a dire il nostro essere unità di anima e corpo.
Inoltre amare, generare e concepire, partorire sono atti umani che trasmettono la vita e fondano i popoli, le città, le famiglie. Sono tutte azioni che attuano, migliorano, donano la vita. La preghiera in questo contesto di azioni vitali che cosa c’entra?
Presa alla lettera l’azione della preghiera fa saltare tutti i nostri schemi limitati di vita umana. Pregare significa entrare in relazione con colui che è l’Origine di ogni vita e di ogni essere, vale a dire è parlare con l’Infinito.
Pregare è la modalità per la quale si entra in contatto con il Perché concreto e personale del proprio esistere, che è Infinito. Si manifesta perciò come azione che va più a fondo della vita, come l’azione vitale per eccellenza. Saper pregare diventerà un’esigenza vitale, un’azione esistenziale che mi schiude le vere dimensioni della mia vita umana.
Chi non vorrebbe entrare in contatto con chi della propria vita è Origine e perciò il massimo esperto? Lui ne consce il senso pieno.
Tre domande nascono di fronte a quest’attività straordinaria. Con chi entro in relazione? Come posso entrare in relazione con lui? Quali sono le implicazioni per la mia concezione di vita personale, coniugale e familiare?
Il Tu di ogni pregare
Parlare con Dio. Il gusto della preghiera è strettamente legato all’idea che io ho di Dio. Come mi immagino Dio così gli parlo o non gli parlo.
Come immagino Dio in relazione alla coppia e ai nostri figli così mi rivolgerò a lui nella mia/nostra preghiera.
Per questo motivo il punto centrale nella preghiera è l’immagine di Dio che nutro o “denutro” dentro, nel mio intimo.
Parlare con qualcuno, di fatto, implica sempre un aprirsi al suo essere, al suo pensare, al suo sentire, al suo parlare, alle sue azioni, al suo ambiente, ai suoi parenti, ai suoi amici e alla sua storia.
Quanto più parlo con lui tanto più le nostre vite entreranno in comunione, tanto più ci conosceremo e tanto più influirà la vita dell’altro sull’interpretazione che io do della mia vita. Tutto questo però è solo possibile se esistono dei luoghi e dei tempi nei quali posso incontrare questa persona. Se non do spazio e tempo alla persona con la quale voglio comunicare la relazione non potrà né nascere né crescere.
Le stesse cose si possono dire in modo analogo del rapporto con Dio che si istaura e sviluppa attraverso la preghiera. I nostri incontri hanno come trama di fondo la scoperta e l’illustrazione di queste caratteristiche della relazione con Dio alla luce della preghiera.
Anche Dio, o meglio prima di tutti, Dio ha un suo essere molto specifico, pensa, vuole, percepisce, agisce, sta in relazione con tantissime persone in modalità diverse, parla, ha una storia con il mondo, con le civiltà, con le religioni, con Israele, con la Chiesa.
Quanto più uno parla veramente con Dio tanto più entra in contatto con tutte queste caratteristiche divine e imparerà ad interpretare la propria esistenza alla luce di chi gli si fa conoscere nel dialogo e nella comunione con lui. La scoperta e la frequentazione del Tu divino comporta delle implicazioni immense per la concezione della propria vita, della coppia, della famiglia, della società, del mondo e … di Dio stesso.
Dove e quando si trova Dio?
Per poter parlare con una persona ho bisogno di incontrarla in un posto preciso e a una certa ora del giorno. Spazio e tempo sono gli ingredienti indispensabili per poter istaurare un colloquio o una relazione con una persona.
Ciò vale anche per l’incontro e il colloquio con Dio ma in un modo nuovo e sorprendente: Dio è il Presente per eccellenza: in ogni posto e a ogni ora.
E’ questa la premessa fondamentale per ogni preghiera: la memoria attualizzante della presenza vivissima e freschissima di Dio proprio lì dove mi trovo e proprio in quel momento.
Non esiste un luogo nell’universo o un momento della storia umana che sia priva di questa attualissima presenza di Dio!
E’ questo il grande errore di chi non prega, o di chi non ha voglia di pregare o di chi prega in modo superficiale: pensare o immaginarsi Dio assente, lontano.
E’ il più grande torto che si può far a Dio e a noi stessi! Pensare che l’Onnipresente sia assente è una contraddizione in termine e completamente assurdo.
Esiste un unico accesso, un’unica possibilità di relazione con la presenza vivificante di Dio qui ed ora: la fede! Credere vuol dire che da un lato mi fido della bellezza e della bontà della creazione che mi dice “sono creata da uno più grande di me e di lui potete ammirare le traccia in me” e dall’altro lato che do retta alla persona, alla vita, alle azioni e alle parole di Gesù che mi rivelano Dio nella sua stessa persona.
Credo nella sincerità di Gesù e nell’autenticità del suo messaggio. A partire da queste due premesse io dico davanti a me stesso a Dio: io ritengo vera e reale la tua esistenza e aderisco alla tua presenza qui ed ora.
Perciò la voglio, la desidero e la celebro con tutto me stesso. Ogni atto di preghiera presuppone questa premessa di fede. Quanto più questo atto di fede è fresco e vivo tanto più vivificante e liberante è la preghiera.
Così si evita il rischio che la preghiera diventi un monologo che è solo rivolto a me stesso.
Per la riflessione:
Che cosa provo dentro di me quando penso alla preghiera? Come ho imparato a pregare?
In che modo coltivo la mia vita di preghiera? Preghiamo in coppia e in famiglia? Quando e come?
Come mi immagino Dio quando prego? Che concetto ho della presenza di Dio?
Come potrei descrivere il motivo per cui credo? Che cosa vuol dire credere per me ?